giovedì 29 settembre 2016

Trattare con gli incolti

Mi danno del remissivo per via del mio atteggiamento, se vuoi chiamarlo, "filosofico" (ma il termine è abusato), guai a parlargli del destino ai contemporanei, con la volontà si ottiene tutto, e non si rendono conto che pure la volontà è un destino. Per esempio c'è il tipo eroico che vuole cambiare il mondo, se il mondo non si può cambiare la vita per lui perde di significato: e questo non è un destino? Da solo si è costruito la gabbia, da solo i suoi nemici, tutti complottano contro la rivoluzione e in ultima analisi contro il genere umano, nientemeno. E' un ispessimento dell'io che gonfia il petto per riaffermare i suoi diritti, come il bambino che pesta i piedi nelle pozzanghere ("i pronomi sono i pidocchi del pensiero", come diceva quello). Altra obiezione: ma se tutti la pensassero come te staremmo ancora all'età della pietra. Ma perché, non è un destino anche l'evoluzione? Dal momento che tutto si muove da qualche parte tutto questo moto pur condurrà, dai e dai un'idea affiora e si propaga per contagio cambiando i connotati alla realtà, stai tranquillo che ci si muove anche controvoglia, non si scappa. E sia, voi bruciate dunque nella volontà dal momento che vi piace tanto, io nel frattempo spegnerò l'incendio e lascerò accesa giusto la fiamma pilota, basterà quella.

Sbalordire i borghesi

Ci si muore di vecchiaia ad attendere un governo serio in Italia ma non per colpa del politico in primis, piuttosto per colpa nostra, che senza quel po' di avanspettacolo non ci prendiamo nemmeno più la briga di alzare il sopracciglio. E' l'animo assuefatto a tutta la grande bellezza che ci circonda che chiama la performance, Renzi, Grillo e Salvini, sono loro i nostri campioni, altro che Cuperlo, Pizzarotti e Parisi, ci vuole il guitto che susciti l'ammirazione per il figlio di buona donna, e a noi piacciono i figli di buona donna (i politici assurgono un po' al ruolo di catalizzatori di meschinità, le nostre, in un certo senso ci purificano). Io non credo più all'italiano brava gente, ma a partire proprio dai conoscenti prossimi.

domenica 25 settembre 2016

L'uomo è un problema irrisolto

Scriveva l'acuto osservatore dell'umanità che da quando non crediamo più nella città celeste siamo costretti ad inseguire la felicità qui sulla terra e proprio perché costretta entro i limiti della materia questa felicità ci si presenta come deperibile e quindi già contenente il germe dell'infelicità. Causa il ricorrente riaffiorare di un certo malessere connaturato allo spirito posso dire che sì, non posso che trovarmi d'accordo, che così come la fede nella felicità ultraterrena aveva prodotto nel mondo le sue belle distorsioni, così la raison illuminista ci ha ridotti a quel nulla che siamo o che crediamo di essere e che ci avvelena l'esistenza, nell'ansia di dover per forza giocarci tutto nell'unica occasione che ci è concessa. Si vive nel panico, altro che nella felicità affrancata dalla ragione, e questo panico, interiorizzato perché non sia d'impiccio nello svolgimento delle attività quotidiane, scava sottotraccia e riemerge nei mille rivoli delle ossessioni e delle nevrosi che affliggono i contemporanei. Morale della favola: l'uomo è un problema irrisolto (e al momento privo di soluzione).

Nelle mani del Signore

Eppure l'intelligenza che ci contraddistingue in quanto uomini d'ingegno dovrebbe portarci a considerare l'azione politica come tutt'altra cosa rispetto alle stupidaggini e alle arlecchinate che si porta appresso, se non fosse che tolte le stupidaggini e le arlecchinate ci accorgiamo che rimane ben poco e allora vada per le stupidaggini, dai e dai qualcosa ne uscirà di buono, se non altro per eterogenesi de fini.

Senza via di scampo

Posto che siano tutti dei cazzari, dei ciarlatani, dei venditori di pentole, all'elettore smaliziato non resterà che scegliersi in sede di consultazione il cazzaro che meno lo indispettisce oppure disinteressarsi completamente della questione in ossequio alla regola d'oro "don't feed the...", e in fondo l'astensionismo risponde in parte a questa sollecitazione. Senonché. Senonché quelli se ne fanno un baffo dell'astensionismo e beatamente vi ricorderanno come il loro sindaco sia stato eletto con il consenso del 67,5% dei romani o il loro premierissimo sia stato votato dal 40,8% degli italiani, non c'è via di scampo (una percentuale è più giornalistica di un numero a sei cifre, è nella natura delle cose).

mercoledì 21 settembre 2016

Ritorno al proporzionale

Mi piace questa idea di tornare al proporzionale, ma così, pour parler, in fondo non sarebbe poi cosi male. Introducendo a suo tempo la quota uninominale si era pensato di abituare gli italiani a decidere, o dentro o fuori, ma decidere a noi non piace, oltretutto col rischio di ritrovarsi alla mercé del risentimento altrui, meglio un sistema che addolcisca le sconfitte e che non escluda nessuno a priori. Morale della favola: puoi riformare il paese finché vuoi, siamo noi che siamo irriformabili. E bravi i Cinquestelle che ci tengono allegri con le loro boutade (sul no alle Olimpiadi invece persino il rimbalzato Malagò ha gioco facile a dire che è tutta demagogia, e quella è, demagogia da movimento antisistema che si scaglia contro gli interessi delle lobbies, ma tant'è, è un modo per certificare la nostra inidoneità senza possibilità di appello).

martedì 20 settembre 2016

Schopenhaueriano

Il mio essere schopenhaueriano si riduce essenzialmente alla consapevolezza di essere totalmente alla mercé della vita (cosa che fra l'altro farebbe la gioia dei più), e cioè di essere in balia di quella sorta di pilota automatico che è incistato in ogni organismo vivente, dall'uomo alla pianta al paramecio, che non è tanto propensione ad esistere quanto a resistere in vita, condotto dall'istinto verso la riproduzione che per mia fortuna mi è stata risparmiata (e per questo devo ringraziare le donne che hanno fatto mostra di non considerarmi mai troppo sotto quel punto di vista). I miei istinti non mi appartengono, la mia natura nemmeno, non l'ho decisa io, mi sento come trasportato dai flutti, una pedina nella disponibilità di un giocatore misterioso che beatamente si diverte a tormentarci tutti, è abbastanza per sentirsi schopenhaueriani? E allora lasciamoci trasportare.

lunedì 19 settembre 2016

Teoria del giusto mezzo

Stavo cercando di convincere un compagno che più che la proprietà dei mezzi di produzione è la loro natura a fare la differenza: se il mezzo non è nato per la giustizia redistributiva (o ridistributrice), a voglia di possederlo collettivamente, non farà altro che restituire la sua fallacia. Occorre invece un mezzo che per sua stessa natura sia generatore di redistribuzione, che detta così pare una formula campata in aria, in realtà mica tanto, un mezzo del genere genererà giustizia indipendentemente da chi e in quanti lo possiedono. Ma è un discorso irricevibile per chi invece vuole rovesciare la realtà in quanto innamorato della rivolta, del gesto estetico prima ancora che etico. Il come produrre un mezzo del genere riguarderà più gli inciampi della tecnica che l'indottrinamento politico delle masse.

I miracoli

«Si è sciolto il sangue di San Gennaro, il miracolo nel duomo di Napoli».

«Nella capitale, e più ancora nelle città del Sud, i miracoli sono le uniche manifestazioni regolari. I tram non funzionano, gli uffici nemmeno, i telefoni sbagliano, i treni si scontrano volentieri, i miracoli invece sono perfetti. Ne consegue un'estrema fiducia del popolo per il soprannaturale e una diffidenza invincibile per tutto ciò che è opera dell'uomo. Anche lo spirito più educato alla scienza e al ragionamento si abitua ad aspettarsi dalla metafisica quei vantaggi che il progresso meccanico gli nega». (Ennio Flaiano, Diario Notturno).

domenica 18 settembre 2016

Vaghe speranze

 «Si Deus est unde malum? Et si non est, unde bonum?»

Più che sulla persistenza del male bisognerebbe interrogarsi sulla transitorietà del bene, perché vi sia così poca offerta in rapporto alla domanda, che in realtà non sia tutto un gioco d'ombre, un cantarcela e un suonarcela fra di noi, è più che un sospetto. "Bene" dovrebbe essere, allo stato dell'arte, l'amore per il prossimo, l'empatia, quel senso di umanità che ognuno ha in sé e che a ben guardare può riscoprire nell'altro, tutto ciò che dà gioia senza peraltro danneggiare alcuno, e questo in barba a una precedente morale che prevedeva invece il sacrificio di sé, l'asservimento alla tradizione, alle leggi del creato, all'autorità che di quel creato si faceva garante. Il "Bene", in buona sostanza, è per i più ottimisti un'inclinazione naturale che va incoraggiata. Ma se è così, chi ce l'ha messa questa inclinazione dentro gli uomini? La natura, la natura ma in forma di un dio, un dio personale, "deista", un padre buono e comprensivo che ci ha messi al mondo per godere della vita, un dio che non ha più nulla a che vedere con le religioni tradizionali, e talmente è travolgente questa concezione del Bene che perfino nel papa esaltiamo gli aspetti che la confermano ("è un papa moderno") e scartiamo come superstizione quelli che la contraddicono ("è un papa conservatore"). Volete sapere come la penso? Che il Bene non è che la proiezione di vaghe speranze, il segreto sta nel non indagarle troppo.

sabato 17 settembre 2016

Il mondo di sempre

E' un guaio per la politica e quindi per la democrazia che certi principi che si vorrebbero tenere saldi siano invece così malfermi, e mi riferisco proprio all'onestà, alla parola data, al senso dell'onore, valori che anche volendo non torneranno mai di moda perché in fin de conti non lo sono mai stati, aldilà dell'importanza data e delle dichiarazioni di facciata. E tuttavia, che sarebbe un mondo senza principi morali? Temo esattamente questo, quello di sempre.

giovedì 15 settembre 2016

Todo vale

Dio è morto e tu pretendi dal premier la correttezza istituzionale, il gentlemen's agreement, l'onestà intellettuale? Ma ormai vale tutto, la morale è un'abitudine che si forma in seno alla società e così come si forma si disfa, è friabile come una sbrisolona. A uno come Renzi non gli fa schifo nulla, la sua stella polare è la convenienza, lui è post-ideologico, post-democristiano, post-moderno, avrebbe concesso anche il matrimonio fra consanguinei se vi fossero state le condizioni e il tornaconto, ma capirai che gliene importa: se nessuno fa più conto di tenere in conto certi princìpi e al massimo si limita a brontolare allora significa che si può fare quel che si vuole.

mercoledì 14 settembre 2016

Il giorno tropicale era un sudario

Aldilà dello sberleffo io un po' lo capisco il povero Di Maio, che il Sud America è un po' tutto uguale, che in fatto di golpe sono i detentori del marchio e raccapezzarsi in mezzo a tutti quei colonnelli ci vuole una cabeza especial. In fondo ha solo trent'anni, Di Maio, nel '73 il padre frequentava ancora i campi Hobbit, per lui la storia inizia con gli Oasis e le Malvinas erano quelle che cantavano la Macarena. Bisogna dargli fiducia a Di Maio.

martedì 13 settembre 2016

Gli amici etiopi

Renzi si vede lontano un miglio che le spara tanto per spararle, i Cinque Stelle no, loro si impegnano per davvero (a parte la Raggi che già dal tono della voce pare la segreteria telefonica di uno studio dentistico), così che sul profilo antropologico di Renzi abbiamo già detto tutto, su quello dei Cinque Stelle ci si può ricamare sopra ad libitum, fino a stufarsi. Primo articolo del credo del movimentista: La verità vera si trova sul web, anche la più inverosimile, dal momento che si trova sul web, è già ammantata dell'aura della controcultura che ne decreta automaticamente l'autenticità. Solo da questo voi capite che il caso Renzi è un caso già abbondantemente trattato dalla letteratura medica, quello dei Cinque Stelle invece no, è un fenomeno ancora tutto da studiare nei suoi risvolti tragicomici: nel Movimento Cinque Stelle rivive il milieu culturale dell'amico etiope di morettiana memoria*.

lunedì 12 settembre 2016

Imperturbabilità

Mi chiedevo, fra l'altro, come avrebbe fatto Renzi ad uscire dall'imbuto referendario in cui si era cacciato e moderatamente mi lambiccavo, mi sforzavo di capire... tutto inutile, la soluzione era la più semplice che si potesse immaginare: semplicemente rimangiarsi la parola. Con Renzi l'opportunismo acquista una sua dignità, diventa pura scaltrezza (che da noi è una virtù), e pazienza se noi questa dignità non ce la vediamo, una buona dose di nonchalance e il re nudo apparirà il più vestito. Renzi dunque schizofrenico? Macché, senza vergogna, piuttosto, che la vergogna è un sentimento inopportuno quando si ha da far ripartire un paese, ci vuole senso di responsabilità.

domenica 11 settembre 2016

Chanson de regret

Dopo tanta serietà un po' di leggerezza: mi piacciono le donne vulnerabili e indolenti, ma non se ne trovano più, fanno tutte mostra di essere tostissime. Io non sono un maschio alpha, vi dirò che non mi trovate nemmeno nell'alfabeto, per questa ragione io e le donne non ci incontriamo (quasi) mai. Mi viene allora da ridere quando sento parlare di ritorno alla sottomissione, che poi si tratta di sottomissione pelosa: io mi sottometto cristianamente al mio uomo ma in cambio chiedo fedeltà, responsabilità e ginnastica da camera, ma solo a scopo procreativo (c'è la battaglia demografica da vincere, viva l'Italia!). Intesi che il sub e il dom possono scegliersi le regole che vogliono all'interno del loro personale gioco di ruolo, ma che razza di sottomissione è quella che pone delle condizioni? Parafiliaci che fanno mostra di passare per avanguardie. Detto questo, io mi ritrovo da capo a desiare la mia vulnerabile e indolente, telefonare ore pasti (magna tranquillo).

sabato 10 settembre 2016

Transfert

La verità, una volta che ce la impongono, non ci interessa, questo ho letto di sguincio su un libro di Flaiano ed è quello che in sostanza penso anch'io, che la verità la accettiamo solo se ci piace, in barba ad ogni argomentazione razionale che pure abbia la forza di imporsi come evidente. Mettiamo il caso che la verità sia che tutto è destino, che tutto accada in modo predeterminato, ci interesserebbe una verità del genere? Molto poco, perché la consolazione di noi moderni sta nel pensare di poter decidere della nostra vita, di poterci riscattare con le nostre forze. E dunque si viene a formare un inevitabile conflitto tra questa idea, che ci vorrebbe tutti impegnati a decidere del nostro destino e l'accadere del mondo che invece si fa beffe della nostra volontà, con conseguente grande effusione di rimpianti e quella sgradevole sensazione di essere vittime di un'ingiustizia in un mondo senza dei e governato da leggi indifferenti alle nostre suppliche. Qui l'uomo moderno ci sbatte le corna ma non si arrende e rilancia, nella speranza che un giorno possa vincere ogni resistenza e possa abbattere ogni barriera che si pone fra lui e la sua volontà. A noi questa idea di verità interessa perché è l'unica che lascia ampi spazi di manovra alla speranza irragionevole in un'illimitatezza, in un qualche forma di immortalità, speranza che non si è certo esaurita con la morte di Dio, ha solo cambiato indirizzo (se non per intercessione divina, per contributo della scienza che aspira all'onniscienza, scienza e Dio sono la stessa cosa e per proprietà transitiva anche l'uomo).

giovedì 8 settembre 2016

E così sia

Io sono una brutta persona, non credo quasi più a niente, nemmeno alle proprietà taumaturgiche dell'onestà, questa onestà che qui da noi rimane sempre più nelle parole che nei fatti. Più che l'onestà io prediligo la serietà, che è qualità che la comprende, mentre i nostri paladini della correttezza, questi movimentisti a cinque stelle che fanno ridere già dal nome, sono tutto fuorché seri. Non mi importa nulla dello "scandalo" giudiziario in sé, anzi, penso che nemmeno esista e se esistesse non cambierebbe di una virgola il mio giudizio, qui la questione è che l'onestà assurta a feticcio nasconde solo il vuoto pneumatico della proposta politica, che non va molto aldilà della semplice protesta contro "il sistema", l'essere contro per essere contro, e basta. Ahimè non basterà tutto questo a sgonfiare le vele al movimento, però tutto fa brodo in attesa dell'arrosto, e così sia.

martedì 6 settembre 2016

Il nulla nulleggia

Si diventa strabici a seguire le vicende della politica nostrana, da un lato volgi lo sguardo a Renzi e alla sua abituale quanto operosissima insipienza, coi suoi referendum, le sue patacche e i suoi pataccari, dall'altro alla Raggi e alle sue tragicomiche peripezie, 'sto uccellino bagnato della consistenza di una spuma di Adrià, fra l'incudine dei direttori e il martello dei poteri forti, evocatrice di trasparenze (sia detto senza malizia, che ne è congenitamente priva). Il fatto è che non c'è più alcun diaframma ideologico o culturale che separa l'insipienza del popolo sovrano da quella dei suoi rappresentanti eletti, i quali finiscono per assomigliarsi fra loro come si assomigliano fra loro i profili di Facebook: che differenza passa, per esempio, fra una Raggi e una Maria Elena Boschi o fra un Di Maio e un Orfini? Nessuna, figurine intercambiabili che potrebbero benissimo apparire credibili, opportunamente riprogrammate, nell'uno come nell'altro schieramento. L'avete voluta la morte delle ideologie? E adesso tenetevi questo deserto.

sabato 3 settembre 2016

Qui pro quo

Su Charlie Hebdo credo vi sia un malinteso: non è che lo abbiamo difeso per la sua arguzia e intelligenza, lo abbiamo difeso e basta, e se oggi ci appare greve, nessuno scandalo, è il suo registro. Non fa ridere? Pazienza. Offende? Non te lo filare, sarebbe come chiedere al Vernacoliere di dire meno parolacce (se al Vernacoliere togli "il culo" e "la topa" chiude il giornale, vanno tutti in cassa integrazione). Il mandato della satira non è quello di essere intelligente. Senonché fra i vignettisti nostrani, invero molto mediocri, c'è chi si mette a fare la morale ai francesi, credendosi, i nostri, degli umoristi di qualità superiore in quanto politicamente corretti e rispettosi delle buone creanze, che è poi il metodo migliore per ammazzare la satira, escluso il mitra.

L'offensiva del Têt

Ho fatto un incubo. C'era questa schiera di donne con dei calendari che eseguivano complesse triangolazioni sul ciclo, e poi una catena ininterrotta di ultraquarantenni a gambe aperte che mi invitavano con parole suadenti di sirena ad approfittare del momento propizio, e allora io a questo punto scappavo, però inseguito da un esercito di mammelle ingrossate e formidabili areole scure, e pance già piene lì lì per erompere, e mentre correvano da sotto gocciolavano come coppe dell'olio da vagine madide e tumescenti, e mi gridavano: "vieni, vieni! VIENI!", e io: "aiuto, aiuto! AIUTO!". No, ragazzi, non si può terrorizzare così una generazione.